TARS Catania – Sez. III – sentenza, resa in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., n. 396 del 10 febbraio 2015.
Con la pronuncia, qui in commento, il T.A.R.S. Catania sez. III, aderendo all’orientamento oramai uniforme dei Tribunali Amministrativi, ha chiarito che la controversia concernente l’affidamento in sub concessione di un’area “air side”, destinata allo svolgimento di una specifica attività commerciale a fronte della corresponsione al Gestore aeroportuale di un corrispettivo (royalty in percentuale fissa sul fatturato annuo, con previsione di un importo minimo garantito sul quale operare l’offerta al rialzo) non è qualificabile in termini di appalto o concessione di servizi, stante l’assenza di connessione tra l’attività esercitabile nell’area aeroportuale e i c.d. servizi di gestione aeroportuale e, comunque, l’insussistenza, più in generale, di un’attività di servizio pubblico (vale a dire “esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi, ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale”; cfr. Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, parere sulla normativa 22 dicembre 2012, n. AG 25/12).
Di conseguenza, non venendo in rilievo, né un appalto di servizi, né una “concessione di servizi” come definita dall’art. 3, comma 12° del D.Lgs. n. 163 del 2006 – pur sussistendo l’obbligo di attivazione di una procedura competitiva nel rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e tutela della concorrenza – non trovano applicazione specifica le norme del Codice dei Contratti Pubblici (se non nei limiti del cd. “auto vincolo conseguente al loro eventuale e non doveroso recepimento nella lex specialis come predisposta dalla SAC (cfr. TAR Lazio- Roma, sez. III ter, 13 novembre 2014, n.11405 e 29 maggio 2014, n. 5808; AVCP parere di precontenzioso n. 163 del 10 ottobre 2012, n. 163 ).
Considerato che la procedura di evidenza pubblica non è sottoposta al regime degli appalti pubblici, salvo in quelle limitate parti cui la Stazione appaltante ha fatto espresso richiamo, il Collegio giudicante ha respinto il motivo di ricorso, proposto avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva dalla concorrente non aggiudicataria, concernente l’omessa attivazione da parte dell’Ente appaltante della verifica dei requisiti ex art. 48 del D.Lgs. 163/2006, trattandosi di disciplina non applicabile al caso di specie e la cui violazione non potrebbe, in ogni caso, determinare l’annullamento della procedura (fermo restando, comunque, il potere della P.A. di procedere, come in ogni altro procedimento amministrativo, alla verifica della veridicità delle dichiarazioni rese dal cittadino ai sensi del D.P.R. 28-12-2000 n. 445, “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa“; cfr. in tema Cons. Stato Sez. III, sent. n. 343 del 26 gennaio 2012).
La rilevanza da attribuire alla pronuncia in commento discende, altresì, dalla particolare attenzione che il Collegio giudicante ha rivolto all’interpretazione delle prescrizioni della lex specialis sul requisito dell’idoneità professionale, tenuto conto che ogni area (rectius: lotto messo a concorso) era stato destinato dalla Stazione appaltante ad una categoria merceologica e che tra i motivi di ricorso la concorrente non aggiudicataria ha lamentato che la società aggiudicataria risulterebbe priva – in contrasto con quanto richiesto dal bando e dal disciplinare – dell’iscrizione nel registro delle imprese per l’esercizio di attività “uguale” alla categoria merceologica attribuita al lotto in questione e del fatturato globale riferito alla identica categoria merceologica.
Al fine della definizione della controversia de qua i Giudici della terza sezione del TAR Catania hanno chiarito che la lex specialis deve essere interpretata ed applicata tenendo conto che essa non può restringere la partecipazione dei concorrenti in termini di perfetta identità della categoria merceologica cui ciascun lotto è stato destinato Ed ancora, hanno escluso che essa ha richiesto un fatturato per attività identiche a quello oggetto di gara, atteso che il requisito d’idoneità professionale è stato richiesto con riferimento al genus “settore di attività oggetto della gara” piuttosto che alla species costituita dalla identica attività del lotto in contestazione nella fattispecie de qua.
Si tratta di una decisione che si allinea all’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia di similarità dei servizi pregressi.
Ed invero, sulla scia degli insegnamenti dei Giudici di Palazzo Spada in relazione al profilo del concetto di similarità dei servizi pregressi, deve rammentarsi che i servizi analoghi non significano servizi identici, poiché la formula “servizi analoghi” implica la necessità di ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, elementi che non possono che scaturire dal confronto tra le prestazioni oggetto dell’appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria dal bando, senza quindi fermarsi alla verifica del tipo di contratto in cui tali prestazioni sono inserite.
Pertanto, quando la lex specialis di gara richiede di dimostrare il pregresso svolgimento di servizi simili, non è consentito alla Stazione appaltante di escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività rientranti nell’oggetto dell’appalto, né le è consentito di assimilare impropriamente il concetto di servizi analoghi con quello di servizi identici, considerato che la ratio di siffatte clausole è proprio quella di perseguire un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche (cfr., ex multis, Cons. Stato sez. V, 25 giugno 2014, n. 3220 e 17 gennaio 2014, n. 171).
Causa seguita dagli Avv.ti Giuseppe Gitto e Lucia Interlandi
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