Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il parere del Comitato direzionale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, favorevole alla ripetizione della gara per l’affidamento dei servizi di ingegneria, connessi alla realizzazione di una diga, già oggetto di una precedente procedura competitiva, da svolgere in Monzambico sulla base di Accordi intrapresi tra l’Italia ed il Monzambico.
Ha chiarito la Sezione che il “parere” del Comitato direzionale per la Cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, non ha natura di “atto politico”.
Nel caso di specie, appaiono comunque difettare, ad avviso della Sezione, le caratteristiche soggettive di atto politico nel “parere” impugnato, data la sua assunzione ad opera non di un organo di vertice di direzione politica e nel quadro delle sue libere scelte, ma di un ufficio ministeriale che fa parte della struttura amministrativa del Ministero degli Affari Esteri. E difettano altresì le caratteristiche oggettive, poiché l’atto in questione partecipa dello sviluppo di un’attività che, per quanto abbia il titolo di base in un accordo internazionale, poi se ne “distacca” perché manifesta comunque lo svolgimento di funzioni amministrative interne e non ha più un impatto diretto sulle relazioni internazionali dello Stato. Sicché non v’è ragione perché resti sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo.
La Sezione ha quindi riformato la sentenza del giudice di primo grado che aveva invece declinato la giurisdizione sul rilievo che l’atto impugnato si inquadrava nell’ambito della attività di cooperazione allo sviluppo che, ai sensi dell’art. 1, comma 1, l. 26 febbraio 1987, n. 49, “è parte integrante della politica estera dell’Italia e persegue obiettivi di solidarietà tra i popoli e di piena realizzazione dei diritti fondamentali dell’uomo, ispirandosi ai principi sanciti dalle Nazioni Unite e dalla convenzioni CEE-ACP”. Il parere andava quindi qualificato, ad avviso del Tar, come atto endoprocedimentale del complesso iter preparatorio dell’accordo intergovernativo e allo stesso andava riconosciuta natura politica nell’ambito della cooperazione internazionale del Governo italiano al di fuori dell’esercizio di potestà amministrativa attiva.
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